Rigettato dalla Corte di Giustizia Europea il ricorso della Danimarca e confermata la Direttiva europea sul salario minimo e sul ruolo della contrattazione collettiva. Per San Marino questa sentenza rappresenta una ulteriore spinta per migliorare le retribuzioni dei contratti di lavoro più “poveri”, senza escludere la possibilità di introdurre per legge il salario minimo.
RSM 19 novembre 2025 – L’11 novembre scorso la Corte di Giustizia Europea, con sede in Lussemburgo, ha emesso la sentenza sulla richiesta della Danimarca – sostenuta da altri Paesi – volta ad annullare la validità della Direttiva UE 2022/2041 relativa al salario minimo e alla promozione della contrattazione collettiva per la definizione delle retribuzioni minime. Il ricorso chiedeva che tali materie fossero riconosciute come competenza esclusiva dei singoli Stati membri, e non del legislatore europeo.
La decisione della Corte e il rafforzamento della Direttiva
La sentenza ha rigettato il ricorso danese, confermando la legittimità della Direttiva. Ne escono quindi rafforzati non solo la validità del salario minimo come diritto di ultima istanza, ma anche e soprattutto il ruolo della contrattazione collettiva quale strumento principale per la tutela e la crescita dei salari.
La Direttiva, promulgata nel 2022, rappresenta una pietra miliare nella politica sociale europea: ha permesso a milioni di lavoratori di beneficiare di aumenti salariali grazie a una contrattazione collettiva più efficace e alla rivalutazione del salario minimo legale nei Paesi che già lo prevedono. Alcuni Stati, in attesa della sentenza, non avevano applicato la Direttiva: ora non sarà più possibile ignorarne i contenuti nei Paesi con copertura contrattuale inferiore all’80%, pena sanzioni economiche rilevanti.
Gli effetti della Direttiva sul lavoro e sui salari
La Direttiva sprona governi e parti sociali a rafforzare la contrattazione collettiva per combattere la povertà salariale e le disuguaglianze. Qualora questo obiettivo non venisse raggiunto tramite la contrattazione, la Direttiva prevede come possibile strumento integrativo l’introduzione di un salario minimo legale.
Il salario minimo varia in base ai Paesi, in quanto definito considerando diversi parametri nazionali (potere d’acquisto, salario medio, produttività, crescita dei salari). Solo i parametri per la definizione del salario minimo, indicati in maniera tassativa dalla Direttiva, sono stati ritenuti non conformi al diritto europeo; ciò non incide tuttavia sull’obbligo che il salario minimo debba rappresentare almeno il 60% del salario mediano lordo nazionale e/o il 50% del salario medio lordo.
Implicazioni per San Marino
La sentenza rappresenta un successo importante per la CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e per tutte le organizzazioni sindacali europee. Per San Marino – soprattutto in vista dell’Accordo di Associazione alla UE – pur avendo una contrattazione collettiva che copre praticamente tutti i settori tranne il lavoro domestico, questa decisione può fungere da stimolo per migliorare le retribuzioni dei contratti più “poveri”.
Se tale obiettivo non venisse raggiunto, per la CSdL sarà necessario aprire un confronto sulla possibile introduzione per legge del salario minimo.