Anche l’uomo maltrattante deve seguire obbligatoriamente e in maniera strutturale percorsi di responsabilizzazione, controllo e trattamento, altrimenti in molti casi la donna continua senza sosta a subire vessazioni e intimidazioni, ben oltre le mura di casa. Occorre una rete stabile e coordinata tra servizi sociali, forze dell’ordine, magistratura e centri antiviolenza; le donne non vanno mai lasciate sole a gestire situazioni di pericolo e sofferenza. La prevenzione deve diventare una priorità.
Una violenza che non finisce con la fine della relazione
C’è una violenza che non finisce con la fine di una relazione. È quella che continua a insinuarsi nella quotidianità delle donne, anche dopo aver trovato il coraggio di dire “basta”. Una violenza fatta di intimidazioni, ricatti, persecuzioni e controllo che si estende ben oltre le mura domestiche: dai social agli amici, dai figli alle persone care. È una storia senza fine, quella delle donne costrette a difendere ogni giorno la propria libertà, nonostante sentenze, denunce e interventi delle istituzioni.
La realtà parla di casi in cui le donne restano vittime dei propri ex partner anche dopo aver ottenuto giustizia in tribunale. Condanne e misure restrittive non sempre bastano: la persecuzione cambia forma, ma non si interrompe. Messaggi, appostamenti, diffamazioni sui social, manipolazioni nei confronti dei figli: strategie diverse per lo stesso obiettivo, mantenere il controllo e infliggere dolore.
Un sistema di violenza che colpisce anche la rete affettiva
In molti casi, la rete di sostegno – amici, familiari, colleghi – diventa a sua volta bersaglio. Gli ex partner tentano di isolare la vittima, rendendola più vulnerabile e spezzando relazioni fondamentali per la ricostruzione di una vita autonoma. È una violenza che colpisce non solo una donna, ma un intero sistema di affetti e solidarietà.
Particolarmente delicata la situazione dei figli: nonostante sentenze che impongono obblighi economici o limitazioni nei contatti, molti padri continuano a disattendere le disposizioni dei giudici, rifiutando il mantenimento o utilizzando gli incontri per colpire indirettamente la madre. Accade così che i bambini vengano trascinati in conflitti più grandi di loro, diventando strumenti di ricatto o di vendetta. Al di fuori del contesto della violenza sulle donne, questo succede anche a danno di alcuni padri, ai quali viene ostacolato il diritto di stare con i figli nei tempi stabiliti dai Tribunali.
L’urgenza di interventi strutturali per i maltrattanti
Sempre più voci chiedono un cambio di prospettiva: non può essere solo la donna a dover cercare protezione, cambiare casa, nascondersi o affrontare percorsi psicologici. Anche l’uomo maltrattante deve essere preso in carico in modo obbligatorio, con percorsi di responsabilizzazione, controllo e trattamento. Senza interventi strutturali su chi esercita la violenza, ogni misura di protezione rischia di essere temporanea.
Occorre una rete stabile e coordinata tra servizi sociali, forze dell’ordine, magistratura e centri antiviolenza, capace di garantire risposte rapide e integrate. Servono risorse, formazione e protocolli chiari sia per la gestione del maltrattante sia per evitare che le donne vengano lasciate sole ad affrontare situazioni di rischio.
San Marino: passi avanti e nuove priorità
La Repubblica di San Marino ha compiuto passi importanti sul piano normativo e nella sensibilizzazione pubblica, ma ora è il momento di rendere strutturali gli interventi: obbligatorietà dei percorsi per i maltrattanti, potenziamento dei centri di ascolto e accoglienza, garanzia che nessuna denuncia resti senza seguito e che ogni decisione giudiziaria sia realmente esecutiva.
A tutte le istituzioni — Magistratura, Segreterie di Stato alla Sanità e alla Giustizia, servizi sociali, forze dell’ordine — spetta il compito di tradurre in azioni concrete la promessa di una società libera dalla violenza. Solo con una responsabilità condivisa e una prevenzione considerata davvero prioritaria si potrà scrivere l’ultimo capitolo di questa storia infinita.
Dichiarazione
«La violenza non finisce quando una donna lascia un uomo violento. Finisce solo quando quell’uomo viene messo nelle condizioni di non nuocere più — e questo accade solo se la società, tutta insieme, se ne assume la responsabilità», afferma la CSdL.
Nella foto: la panchina e le scarpe rosse, simboli della violenza sulle donne (nell’ambito dell’iniziativa CSU del 25 novembre 2023)